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Comunicato stampa del 29 Ottobre 2016

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Comunicato stampa del 29 Ottobre 2016

Sale la tensione tra i lavoratori del Centro catanese di medicina e chirurgia minacciati di licenziamento, Urzì (Ugl): “No ai licenziamenti, chiediamo l’intervento del Prefetto.”

Con il passare dei giorni aumenta sempre di più la tensione tra i lavoratori del Centro catanese di medicina e chirurgia di Catania, 17 con la qualifica di ausiliario socio-sanitario e 2 dietiste, che dal 17 ottobre scorso sono protagonisti di una procedura di licenziamento collettivo. Nonostante una riunione in sede aziendale, come previsto dalla legge, il lungo braccio di ferro avviato con la casa di cura privata etnea sta logorando i dipendenti oggetto della vertenza, peraltro in stato di agitazione da giorno 21, che hanno già annunciato un sit-in davanti la struttura ospedaliera e la Prefettura per il prossimo 9 novembre. Intanto la dirigenza del Centro ha convocato una nuova riunione per mercoledì 7, per riaprire la trattativa in merito all’esame congiunto in sede aziendale per la riorganizzazione e rimodulazione dell’attività della casa di cura. “In quella sede ribadiremo, ancora una volta, il nostro deciso no affinchè vengano tutelati i livelli occupazionali – dichiara il segretario della federazione provinciale Ugl sanità. Questi licenziamenti per noi sono illegittimi perché non è possibile per una struttura, accreditata con il Servizio sanitario regionale, esternalizzare una figura specifica come quella dell’ausiliario socio-sanitario, né tantomeno si può pensare di cedere questi lavoratori ad una impresa esterna abbassando la loro qualifica, acquisita dopo diversi anni di esperienza. Per questo motivo, rivolgiamo l’ennesimo accorato appello al Prefetto di Catania, all’Assessore regionale della Salute, al direttore generale dell’Azienda provinciale sanitaria di Catania ed al direttore della Direzione territoriale del lavoro di Catania di convocarci con urgenza per spiegare le ragioni di questo timore che, ogni giorno, diventa più concreto. Chiediamo alle istituzioni una mano d’aiuto, perché a questi operatori non sia negato il diritto a continuare a lavorare nella qualifica e nelle mansioni cui sono ancora oggi preposti.”

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